di Salvatore Lumine
Erbatman, l’Expo, il Mo.S.E., il mondo di mezzo (mafia capitale), sono solo gli ultimi acronimi che ben rappresentano all’interno e ancor più ahimè all’estero, lo stato di totale liquefazione del tessuto socio politico del bel paese (volutamente minuscolo).
Sarebbe troppo semplice, come sostenuto dall’attuale Leader, addossare tutte le colpe della situazione alle precedenti classi politiche che, come noto anche ai bimbi dell’asilo, altro non sono che lo specchio della società civile. All’incontrario invece, è invece del tutto evidente che la carenza di capitale sociale che pervade l’intero paese incidae determini la “qualità” dei politici nostrani che, quando va bene, considerano il ruolo di pubblico amministratore alla stregua di un lavoro o se va ancor meglio, si impegnano nella politica esclusivamente per personale vanità.
Da oltre 30 anni il Paese è fermo grazie al compromesso storico, al capitalismo sociale, al periodo del pentapartito, ai sindacati aziende, al ventennio berlusconiano che, per ultimo, con nani e ballerine, case del grande fratello e calcio, ha (dis)educato intere generazioni di italiani ad un modello di vita virtuale, mentre l’economia reale e i conti dello stato precipitavano. Basta analizzare qual è stato l’andamento del debito pubblico in tale periodo per comprendere la dimensione del saccheggio perpetrato per garantirsi consenso e ….poltrona. Nello stesso lasso di tempo, mentre i partiti e partitini cambiavano più e più volte nome per cercare improbabili verginità, i politici di professione mettevano in mostra eccezionali doti di camaleontismo, che gli consentivano di sopravvivere ai rovesci dei governi, contando sulla scarsa o buona memoria degli elettori.
Ecco perché oggi, chi come chi scrive ha vissuto altre epoche storiche e conosciuto una politica fatta di autentico impegno civile e disinteressato spirito di servizio , ritiene importante ricordare tali figure: uomini e donne che seppur divisi da contrapposte ideologie si impegnavano per il progresso di tutti. Il mio personale contributo verterà su un personaggio con il quale ho collaborato molti anni addietro, in un periodo di ricostruzione del paese dalla guerra, che nel breve volgere di una generazione aveva portato l’Italia a divenire la quinta potenza economica al mondo. Traccerò un breve profilo di Giovanni Ponti, professore, assessore, partigiano, sindaco e ministro della repubblica.
Giovanni Ponti nasce a Venezia nel 1896, da umile famiglia di Cannaregio;partito soldato giovanissimo, si distingue per il suo coraggio nel corpo dei Bersaglieri meritandosi la Croce di guerra.Dopo la laureain Lettere e Filosofia conseguita all’Università di Padova,a seguito concorso ottiene la cattedra di Professore presso il liceo Marco Foscarini di Venezia.In campo civile svolge il compito di Assessore del Comune di Venezia nell’ultima giunta democratica prima del ventenniofascista, presieduta dal Sindaco Giordano.Durante la seconda guerra mondiale, si trasferisce presso l’Università di Zagabria per proseguire gli studi sulla letteratura serbo – croata e, alla nascita della resistenza Italiana dal regime nazi-fascista, rientra in Patria per aderire alla lotta partigiana.Fine politico e stratega, diviene in breve tempo uno degli esponenti di vertice del Comitato di Liberazione Nazionale per il Veneto.Nel ‘45 durante un rastrellamento viene catturato con il figlio Giorgio, e imprigionato a Villa Giusti di Padova.Nel corso della prigionia, nell’ultimo periodo della Repubblica di Salò, viene più volte interrogato e torturato alla presernza del figlio, per estorcergli notizie sui componeti del Direttivo e sui progetti dei patriotti.Nell’Aprile del 1945, Giovanni Ponti, viene accusato dal Tribunale Speciale per la difesa dello Stato di gravissimi reati politici e militari che prevedono la pena di morte.Sentenza che non viene attuata solo perchésiamo oramai nelle giornate del 27 e 28 Aprile 1945 che portano alla sollevazione popolare,alla sua liberazione con successiva nomina a I° sindaco di Venezia della Liberazione.Questa nomina diverràla chiave di volta di una carriera politica iniziata per passione civica,e che proseguirà per i successivi 16 anni,che lo vedrà assumere importanti incarichi politici tra i quali quello di Ministro del Turismo e dello Spettacolo.
Alla sua prematura morte nel 1961 a Padova, corsi al capezzale per un ultimo saluto, e la moglie Ginetta Baccalin, con un forte abbraccio e la forza d’animo di una donna della Grecia antica, mi disse: “Bisogna farsene una ragione”. Di questa vita Giovanni Ponti fu fulgido esempio di onestà intelettuale e morale lasciando ai posteri solo ricordi positivi e alla famiglia un dignitoso appartamento al Lido di Venezia.
I tempi dei rimborsi facili, dei portaborse, dei prestanome, dei conti cifrati all’estero erano ancora molto, molto lontani. E ritengo alquanto improbabile che un rinnovamento delle classi direttive del paese possa essere delegata al solo prezioso lavoro del potere giudiziario. E’ quindi più che mai necessaria una vera e propria rivoluzione culturale che interessi all’unisono tutte la classi sociali della Nazione.
Comm. Salvatore Lumine
Classe 1924