A cura di Gian Pietro Bontempi. I primi immigranti italiani arrivarono in Brasile nel lontano 1836, portati da una compagnia colonizzatrice privata denominata “Demaria e Shutel”.
Erano circa 132 coloni della Sardegna, guidati allo Stato di Santa Catarina, per fondare la colonia “ Nuova Italia”, nell’attuale città di São João Batista. Appartenevano al Regno di Sardegna.
Nel 1874 il governo imperiale Brasiliano firmò con Caetano Pinto Junior, il denominato contratto “Caetano Pinto”, il quale prevedeva I’invio di centomila europei in Brasile nell’arco di dieci anni. Una volta arrivati i coloni ricevettero piccoli lotti di terra, sementi e gli attrezzi necessari per coltivare la terra. Dovettero affrontare gli animali feroci della foresta, diverse malattie alcune delle quali sconosciute, e l’incontro con i selvaggi spesso aggressivi.
Nella regione sudovest del Brasile i nostri bravi italiani praticamente sostituirono il lavoro degli schiavi, nelle fazende di caffè. Abitarono le antiche “senzalas”, fino a poter costruire le loro case. Venivano trattari dai patroni come schiavi e costretti a comprare gli alimenti presso la bottega della fazenda, pagando un prezzo più elevato rispetto al costo di mercato.
Grande parte degli immigranti che arrivarono dal sud d`Italia, non accettarono di vivere nelle campagne e rimasero nelle città a fare modeste attività.
Gli italiani in Brasile sono concentrati praticamente in sei Province. Circa un milione e mezzo di italiani emigrarono verso il Brasile tra 1875 e 1935. Un milione e duecento verso lo Stato de San Paolo; cento mila verso Rio Grande do Sud; sessenta mila verso Minas Gerais, venticinque mila verso Espírito Santo, venticinque mila verso Santa Catarina e venti mila verso il Paranà. Il Nord.
Si calcola che oggi In Brasile ci sono circa trenta milioni di ìtalo-brasiliani.
GLI ITALIANI A SANTA CATARINA
La grande emigrazione di massa verso lo Stato di Santa Catarina cominciò nel 1876. La provenienza era dal Veneto, dalla Lombardia a dal Friuli Venezi Giulia. I nostri primi nuclei colonial furono Nova Trento, Rodeio, Rio dos Cedros, Ascurra, Apiuna. La colonia Itajaí-Principe Dom Pedro(Brusque)accolse molti tirolesi di lingua italiana, che appartenevano allora, all’Impero Austro Ungarico, come pure molti Bergamaschi che si insediarono nella località di Porto Franco, oggi città di Botuverá.
Altre colonie si stabilirono a sud di Santa Catarina. La colonia Azambuja nel 1877, Urussanga nel 1878, Criciuma nel 1880, Gran Parà nel 1882, il nucleo Presidente Rocha(oggi Tre di Maggio), nel 1887 Nuova Venezia, Nuova Bellluno (Siderópolis), Nuova Treviso nel 1891, Acioli di Vasconcelos(Cocal do Sud). Questi comunità erano partite in gran parte dal Veneto e in minor numero dalla Lombardia e dal Friuli. Si occuparono prevalentemente di attività agricole e di miniere di carbone.
Attuamente vivono nello Stato di Santa Catarina circa tre milioni di discendenti di italiani, che rappresentano più della metà della popolazione del nostro Stato e conservano tuttora tradizioni e cultura.
L’IMMIGRAZIONE A GUABIRUBA
Nel 1876 migliaia di emigrati dal nord Italia arrivorono in Brasile, molti di loro si diressero alla colonia Itajahy-principe Dom Pedro, situata nello Stato di Santa Catarina. La sede della colonia era nell`attuale area di Brusque e di Guabiruba. Allora era una picola frazione oggi è ben organizzata.All’epoca della colonizzazione non esistevano buone strade e l’accesso ai terreni era molto difficile, quasi impossibile. Tutto fu costruito con molto sforzo da parte nostri agricoltori dentro alle foreste vergini, abitata da animali feroci, come la pantera i serpenti e i ragni velenosi. Anche nella località di Guabiruba ci sono stati confronti e veri combattimenti con gli “índios”.
Le comunità italiane portarono con sè i loro santi devoti e costruirono molte cappelle in loro recordo, nelle frazioni di Lageado Alto, Lageado Basso e Pianura Alta. L’oratorio più noto è quello di Santo Antonio, ubicato sulla montagna più alta di Lageado Alto. Secondo la tradizione, le ragazze che desiderano sposarsi, salgono la montagna per suonare tre volte le campane dell’oratorio di Santo Antonio, con la speranza di un matrimonio felice. Nella culinaria di Guabiruba è presente la pizza, cannelloni, ravioli, capelletti e la nostra polenta, piatto tipico della zona. Il dialetto trentino si conserva soprattutto tra i più anziani. Abbiamo anche un piccolo museo e il “Memoriale Italo-Guabirubense”: Francesco Celva custodisce oggi, molti oggetti antichi appartenuti ai nostri antenati. Esiste anche un gruppo di danza, Gruppo folclorico, denominato “Tutti buona gente”.
Nel prossimo anno, in Guabiruba, ci sarà in programma la “Festa della Cultura Italiana”, organizzata da due gruppi di amici.
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